venerdì 9 marzo 2018

Peter Camenzind ①



Peter Camenzind camminava sfrontato, fiero ed inconsapevole dei suoi otto anni, lungo il sentiero che dalla fine del paese portava all’incrocio con la strada carraia. Marciava impettito, con la schiena dritta, slanciando le gambe tese in un passo alternato come fanno i militari. Le braccia dondolavano in sincrono e dentro il pugno chiuso della mano destra stringeva un bastone lungo e dritto che doveva rappresentare una minaccia per il nemico. Nella testa gli risuonava ossessivamente una marcetta, zumpa – zumpa – zumpa,pà, simile a quelle che aveva sentito suonare dalla banda degli Ussari in piazza la domenica precedente. O Forse era la fanfara dei dopolavoristi delle ferrovie? Non importa, comunque portavano la divisa ed avevano un aspetto marziale e tanto bastava per accendere la fantasia del ragazzino. Quel giorno cadeva il genetliaco dell’Imperatore e la scuola era rimasta chiusa per festeggiare la ricorrenza, così Peter si era precipitato fuori casa godendo dell’inaspettata vacanza. Il suo programma prevedeva di raggiungere un amico che abitava in una contrada a poca distanza dal paese e poi organizzare una caccia alle lucertole con la fionda, sport nel quale si sentiva un campione. Era la fine di un Marzo che aveva fatto onore alla sua fama di mese pazzerello. C’erano stati giorni nei quali sembrava di essere ancora in pieno inverno, con acqua a catinelle e freddo intenso, ed altri in cui il sole aveva vinto sulle nuvole splendendo alto e caldo, presagio di un’estate tanto attesa. E così era quella mattina, senza una nuvola in cielo e con la terra che sembrava risvegliarsi colorando di un bel verde intenso i prati e le valli. Le piante distendevano le foglie accartocciate, gli insetti volavano operosi alla ricerca delle prime corolle dei fiori già schiuse e tutto sembrava rinvigorito ed allegro, come un inno alla vita che si rinnova. Il ragazzo procedeva felice, senza vergognarsi di sfoderare un sorriso dove le finestrelle dei denti persi occhieggiavano nella chiostra ancora da latte.
Improvvisamente il suo incedere solitario fu disturbato da un rumore, anzi da un canto. Proveniva da dietro la svolta del sentiero innanzi ai suoi passi e sembrava una voce femminile che, gioiosa quanto lui, stava intonando una canzone di quelle che si suonavano nelle aie. Peter abbandonò il suo portamento inamidato e si fermò in ascolto, esitante. Era un ragazzo spavaldo, ma timido e, specialmente con le donne, di qualsiasi età, si trovava sempre impacciato, incerto su cosa dire e come comportarsi. Inoltre gli succedeva una strana reazione fisica, assolutamente incontrollabile e imbarazzantissima. Quando una ragazza lo guardava, e magari gli rivolgeva un saluto, subitaneamente gli s’infiammavano le guance e la lingua sembrava diventare di felpa. Sebbene gli amici a volte lo rimproverassero per la sua ininterrotta parlantina, in quelle occasioni diventava muto, o al massimo balbuziente, facendo regolarmente delle figure meschine. Per questo, in vista di un incontro con una canterina inaspettata, si trovò perplesso sul da farsi. La ragione gli suggeriva di continuare per la sua strada e, nel caso, proseguire ed andare oltre, ma il sistema neurovegetativo già si stava allertando con la comparsa dei primi sintomi di ingiustificata vergogna. Il suo corpo, quindi, decise per lui e Peter si diede precipitosamente alla fuga verso il primo tronco d’albero sufficientemente grande per poterlo nascondere. Lei sbucò dalla curva dopo pochi secondi. Era una bambinetta più o meno dell’età del ragazzo, con le trecce bionde d’ordinanza e un vestitino a fiori. Veniva avanti saltellando e cantando a tutta voce un motivetto con le parole inventate sul momento e tanti: la-la-la. Peter la spiò dal suo nascondiglio, come un soldato che vede il nemico avanzare, e non poté fare a meno di pensare quanto fosse graziosa e diversa da lui. Ancora una volta il suo corpo reagì, ed il cuore prima gli si fermò per un momento e poi partì al galoppo. Peter ne fu spaventatissimo anche perché, alla vista della fanciulla, provò uno strano languore alla bocca dello stomaco, dalle parti della pancia. Pensò di stare male, di avere un “deliquio” come quello che, ogni tanto, affliggeva sua sorella più grande. La bambina sfilò e lui si acquietò. Ripensando a quegli strani sintomi non li riconobbe in nessuna delle malattie che aveva avuto fino ad allora, ma decise che sarebbe passato tutto con un buon panino al formaggio da mettere sotto ai denti. Lasciò il rifugio e corse verso casa.  

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