giovedì 22 febbraio 2018

Le parole non dette

Le parole non dette rimangono nell’aria per sempre. C’è tempo, si dice, domani lo farò, o quando uscirà il sole, magari sulla riva del mare. E i giorni passano, mentre il momento giusto non arriva mai. Però lo dovrebbe capire, si pensa, se ne dovrebbe accorgere, lo dovrebbe percepire senza bisogno di parlarne. E’ con lo sguardo che si chiede, s’implora una carezza o solo qualcosa che faccia sentire meno soli. Ma quanto costa la fatica di spalancare la propria anima? E’ un malinteso e vile pudore che frena gli slanci, quasi che togliersi lo stupido paravento che vela il cuore fosse come buttare a terra la corazza che protegge dai colpi inferti dalla vita. Invece avere il coraggio di dire apertamente quelle parole di cui spesso si ride, darebbe forza a chi le pronuncia e per chi le ascolta. Ci si potrebbe illudere di non essere come le nuvole nel cielo che uno sbuffo di vento trasporta lontano, ma simili a scogli rugosi capaci di resistere agli schiaffi del mare che urla intorno. Fino a quando ci si accorgerà che ormai si hanno più ricordi che sogni, forse più rimpianti che speranze, e che la maggior parte delle cose per le quali si è combattuto in realtà ha poco valore. E s’incroceranno quegli occhi che dicono: sono qui. Allora, per non arrivare troppo tardi, si dovrà ridere, piangere, parlare a lungo, stringersi le mani e odorare i capelli. Poi raccontarsi di quella volta e di come si è sofferto, di tutte le occasioni in cui abbiamo pensato e di come siamo stati stupidi a voltarci da un’altra parte. Dichiarare, quindi, dichiarare non solo di esserci fisicamente, ma anche quello che tutte le parole sdolcinate delle canzoni, tutti i versi poetici, ogni pennellata di artista non basterà mai a raccontare.

Però stasera è tardi, domani è pieno di impegni e tu già dormi. Ne parleremo, appena avremo tempo. Appena avremo tempo.    

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