Che Tarzan
fosse gay, nella giungla, lo sapevano tutti. Conviveva ormai da tempo con uno
scimpanzé maschio di pelo fulvo di nome “Chita” dal quale si separava
raramente. Peraltro, tra gli animali della foresta, non era neanche un caso
isolato. I babbuini, ad esempio, sono famosi per il loro insaziabile appetito
sessuale che sfogano con qualsiasi altro componente del loro branco senza
andare tanto per il sottile tra il dare e l’avere, se così si può dire. Pure i
bonobi, primati anch’essi, usano il sesso per far pace tra loro e poi giacere con
un bonobo o una bonoba indifferentemente. Addirittura i maestosi leoni spesso
lasciano i compiti virili, come la caccia o la protezione del gruppo, alle leonesse
e si raggruppano in clan di soli maschi dediti all’ozio ed ad altre attività,
compreso il sesso. Quindi la preferenza sessuale di quella strana scimmia senza
peli non faceva di certo scalpore. Bisogna anche dire che, essendo l’unico
esemplare della razza umana presente in quella zona della foresta, Tarzan non
aveva mai saputo che esistessero anche i suoi corrispettivi al femminile e per
lui Chita era il massimo della “liaison amoureuse” desiderabile. Lo scimpanzé
era dolce, affettuoso e teneva in ordine la tana sull’albero, anche se a volte
dava di matto, ed in quei casi bisognava lasciarlo stare. Il buon selvaggio lo
sopportava, anche se spesso sbuffava ed era tentato di rompere il rapporto, ma
ormai stavano insieme da tanto tempo ed, al di là di qualche occasionale
bisticcio, formavano una coppia affiatata e riconosciuta da tutti. A proposito,
Tarzan è un nome che venne dato all’uomo successivamente, ma in origine, forse riprendendo
il verso di quegli urletti che lanciava ogni tanto, gli altri animali lo chiamavano
“Uiiii-llmaaaa” che, per brevità, trascriveremo in “Wilma”.
La vita
della coppia trascorreva serena e mentre Chita si dedicava ad esperimenti di
“tricoterie” con un filato di liana dapprima masticato e poi abilmente
intrecciato, Wilma sfogava la sua creatività preparando manicaretti a base di
una “concassé” di vegetali spolverata da una granella di insetti vari che era
un vero “bijoux”. La comunicazione fra i due avveniva a versi e gesti, ma
spesso nascevano delle incomprensioni che poi erano superate grazie alla loro grande
affinità elettiva di amorosi sensi. La ritrovata armonia veniva spesso
festeggiata scatenandosi in un ballo tipo “zumba despacito” e poi, una volta
caduti a terra stremati, con reciproci peeling delle rispettive zecche e pulci.
Un giorno la
routine della foresta fu sconvolta da un caos assolutamente inaspettato e, per
molti, spaventoso. Una mandria di strane bestie, rumorosa ed invadente, penetrò
la sempiterna cattedrale di verde sradicando la vegetazione al suo passaggio e
mettendo in fuga gli animali che mai prima d’allora avevano visto niente di
simile. Dal suo rifugio sull’albero, anche Wilma scorse la strana invasione e
quale fu il suo stupore nell’accorgersi che molti dei soggetti di quel branco
sembrava avessero una certa somiglianza con se medesimo. Qualche volta si era
specchiato in un laghetto e si era sempre allontanato da quell’immagine con
tristezza poiché non ritrovava niente di simile in tutti gli altri componenti
del suo habitat usuale, ma adesso era certo di vedere qualcosa di familiare tra
i nuovi arrivati. Gli invasori, urlando e sbraitando in uno strano idioma, occuparono la radura tra i baobab con una quantità di oggetti rumorosi e
luminosi come magici fuochi senza fiamme. Il capo branco era un giovane maschio
riccioluto dalla voce stentorea e con una mimica vivace. Anche lui doveva possedere
una sessualità incerta o omnicomprensiva, visto che dai compagni veniva
interpellato con due nomi di genere differente. Spesso lo chiamavano “Angela”,
e quindi si sarebbe supposto femmina, ma rispondeva anche quando veniva
interpellato come “Alberto”, facendo pensare il contrario.
Un animale
del branco degli invasori improvvisamente urlò:
-Silenzio…3,2,1…La
Foresta Questa Sconosciuta…Prima…CIAK! – A quel punto il tipo chiamato Angela,
parlando in una specie di banana tutta nera, attaccò:
-Buonasera.
Vi siete mai chiesti, cari telespettatori, cosa mangia l’armadillo pezzato e
come si riproducono le libellule giganti? Perché il rinoceronte, a volte, fissa
l’orizzonte come fosse assente senza accorgersi dell’uccello pingitore che gli
strappa i peli delle orecchie? E come mai la rana toro non si ecciti vedendo i
tulipani rossi? Ecco, a queste ed ad altre domande altrettanto interessanti e
di stretta attualità daremo un vasta spiegazione durante le tre ore di durata
di questo programma. – L’uomo continuò a parlare per molto tempo, mentre dalle
fronde degli alberi e dai cespugli attorno, tutta una variegata fauna seguiva
stupita ed affascinata lo spettacolo. Era lo stesso, identico, atteggiamento
degli utenti davanti agli schermi televisivi, ma questo gli animali non lo
sapevano.
-Dopo questa
breve introduzione – proseguì il presentatore ormai con la gola secca dopo aver
parlato per cinquantatré minuti – lascio il microfono alla collega Jane che vi
stupirà rivelandovi il trucco adottato dallo scarafaggio stercorario per
rendere perfettamente sferiche le palline di m…fango. – A momenti Wilma cadeva
dall’albero. Da lassù aveva visto un’apparizione inaspettata e sconvolgente.
Una creatura bellissima e piena di grazia e leggiadria che in confronto i cigni
perdevano in eleganza, per non parlare di quella buzzurra di Chita. Il cuore
gli balzo nel petto ed una sensazione strana ed inebriante si impossessò di lui
come quella volta che si scolò il succo fermentato di dieci noci di cocco.
Anzi, di più, molto di più. Doveva assolutamente vedere da vicino quella meravigliosa
femmina, si capiva che fosse tale, e magari toccarla. Avventatamente decise di
catapultarsi sul terreno e ghermire quella preda ambitissima e poi portarla via
con se. Di slancio afferrò la liana più vicina e cominciò a dondolarsi, poi, presa
la spinta, si lanciò da un tralcio all’altro per raggiungere l’obiettivo.
Mentre si librava tra gli alberi, gli parve carino avvisare e presentarsi
urlando il suo nome: “UIIILLLMAAAA!!!!”. La troupe si spaventò e, guardandosi
attorno, si avvide del selvaggio in avvicinamento.
-Tarzan! –
Gridarono le persone indicandolo. Infatti era stato immediato associare la
figura di quel nerboruto indigeno con il personaggio letterario conosciuto da
tutti. Wilma cadde esattamente ai piedi di Jane e, con grandi gesti cercò di
far capire alla donna come fosse realmente interessato ad approfondire la loro
conoscenza. Lei lo guardò con occhi languidi e gli disse:
Oh, Tarzan. –
Wilma non capiva a chi si rivolgesse, ma stava guardando lui. – Finalmente un
vero uomo! – Era una serie di equivoci che andavano presto chiariti. Battendosi
sul petto, l’uomo articolò:
-Wilma!
-Si, Tarzan,
capisco il tuo verso. Ma tu sei Tarzan, vero? – Siccome è risaputo che nel
momento del corteggiamento l’uomo direbbe qualsiasi cosa per compiacere la
compagna, Wilma rinnegò il suo nome e rispose:
-Umm, Umm! Io
Tarzan, tu Jane. – La troupe scoppiò in un appaluso mentre Alberto Angela
contattava, via telefono satellitare, gli uffici di viale Mazzini con la proposta
di una nuova serie in dodici puntate intitolata: “Il ritorno di Tarzan, l’uomo
scimmia.”
Chita vide
tutto e giurò solennemente che non si sarebbe messa mai più con un uomo. E se
non avesse mantenuto la promessa, che…gli shatush gli venissero per sempre
sbiaditi!
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