Il baretto
del parco stava per chiudere i battenti ed il vecchio cameriere, come tutte le sere,
rassettava il disordine lasciato dai clienti durante il giorno. Trascinava le
seggiole d’alluminio sulla ghiaia rimettendole vicino ai tavolini tondi sui
quali, con uno straccio bagnato, dava una rapida passata per togliere le
briciole ed i residui di gelato. Non vedeva l’ora di tornare a casa e, con
l’ennesima sigaretta accesa tra le labbra, borbottava tra sé contro i clienti
che non si decidevano ad andar via. Ce l’aveva con una coppia, neanche più
tanto giovane, che era arrivata un paio d’ore prima e si era sistemata in un
angolo un po’ in disparte, ordinando due beveraggi rimasti a metà. Sarebbe
potuto andare da loro e dirgli che era ora di sloggiare, e fra breve l’avrebbe
sicuramente fatto, ma c’era qualcosa che lo tratteneva. Li aveva notati perché parlavano
poco ed avevano un’espressione seria, forse triste. Non erano in lite, si
tenevano per mano, anzi si aggrappavano uno all’altra come legati da una sorta
d’amore disperato. Il cameriere vedeva ogni giorno uomini e donne bisticciare o
ridere, a volte urlavano e qualcuno amoreggiava sfacciatamente, ma quei due
sembravano vivere un sentimento tanto profondo che non aveva bisogno di
esprimersi con le parole. Però non erano felici, e si notava. Sembravano in
attesa, forse di trovare un coraggio che sentivano di non avere o per raccogliere
la forza di dire parole importanti. Lo stanco inserviente doveva chiudere, ma
si sentiva quasi in imbarazzo ad andare a disturbali. Pensava che, scuotendoli
da quello strano torpore, avrebbe spezzato il loro incantesimo riportandoli
alla realtà e forse ad una decisione che non volevano prendere. Mentre il
giardinetto dimenticava le voci dei bambini durante il giorno e si avvolgeva in
un silenzio fatto di malinconia e mistero, il cameriere diede alla coppia altri
cinque minuti e, sospirando, continuò le sue faccende.
Ecco, d’un
tratto non parli più. Tu ricominci a pensare, io lo so, al nostro amore. Noi stiamo
bene insieme, che cosa importa se tu già sei di un altro, per la vita legata a lui.
Anche se asciughi quelle lacrime, si vede che hai pianto ed anche se cerchi di
sorridere si vede che sei ancora triste. Noi ci vogliamo bene e a me non
interessa che tu appartenga a lui. Noi ci vogliamo bene, ed allora
dimentichiamoci che hai fatto una promessa. Forse eri troppo giovane, ed io non
c’ero. Una volta hai detto “per sempre”, ma il nostro sempre vive negli attimi
nei quali stiamo insieme. La cosa più importante adesso è che stiamo bene insieme.
Anche se tu già sei di un altro.
Mi guardi e
leggo il tuo pensiero. E’ vero, io sto con lui, lui vuole me, ma tu sei entrato
nella mia vita ed ora non so, non so più. I momenti che rubiamo al destino sono
preziosi, e quando ti stringo a me sembra che niente altro abbia più importanza.
Vorresti che io fossi tua, e forse il tuo amore è così grande che non t’importa
che io non possa appartenere esclusivamente a te, se questo significasse
rischiare di perdermi. Lo so che un dì il nostro amore dovrà finire, ma
nonostante ciò dobbiamo stare insieme. Stringimi la mano e dammi la forza per
abbandonarmi e scordare che, anche se stiamo bene insieme, io sono già di un
altro.
Improvvisamente
faceva freddo. Seduti sulla terrazza del piccolo bar, vedevano in lontananza le
luci della città che raccontavano di vite in movimento o vissute dietro le
finestre delle case. Tutti quelli che si affannavano a rincorrere l’esistenza
come formiche di un enorme formicaio, portavano con sé la propria storia. Tutte
differenti, ma ognuna simile alle altre nel cercare un significato che forse
non esisteva. Si alzarono tenendosi ancora per mano e si guardarono negli
occhi, senza proferire parola. Non serviva, in quel momento la cosa più
importante è che stavano bene insieme, ed il resto del mondo, per loro, aveva
cessato d’esistere. Avevano dimenticato che lei era già di un altro.