giovedì 27 ottobre 2016

Lo smalto rosso

La finestra socchiusa lasciava passare un refolo d’aria tiepida che annunciava l’estate ormai prossima. Ogni tanto uno sbuffo di vento più vivace faceva voltare le pagine di un libro aperto sul tavolo come stesse cercando la giusta citazione per descrivere un momento incantato. La luce del sole al tramonto entrava ritmata dallo sbattere pigro di una leggera tenda bianca di mussola che, seguendo i capricci della brezza, improvvisamente si impennava come una vela lasciata al lasco. Riverso sul piano della scrivania, con l’orecchio appoggiato al lucido mogano, il capo di una fanciulla sembrava porsi in ascolto dei lievi rumori, forse evocando melanconici sogni o perse melodie. I lunghi capelli biondi le coprivano il viso scendendo ondulati fin sopra le spalle e solo qualche ciocca, mossa dagli spostamenti dell’aria, scomponeva per brevi attimi l’immobilità della figura. La giovane donna era seduta su di una seggiola accostata al tavolo con il braccio sinistro allungato sullo scrittoio nel gesto di raggiungere qualcosa. L’altro, invece pendeva abbandonato di lato al corpo, ricoperto dalla manica del vestito di stoffa leggera dalla quale spuntava un polsino di bianco pizzo che faceva da corolla ai pallidi pistilli delle dita di una mano affusolata. Il pugno era dischiuso, senza forza, e del medio puntato verso il pavimento si vedeva l’unghia di un rosso scarlatto. Ma quello smalto doveva essere fresco o steso malamente perché, a brevi intervalli, una goccia ne colava per terra formando una piccola pozza. Lui si avvicinò chiamandola, per svegliarla, ma lei non si mosse. Allora si chinò posandole una mano sulla spalla, ma accanto al volto della ragazza, sotto una conchiglia che lo teneva fermo, vide un foglio piegato con scritto il suo nome. Lo aprì ed il suo viso divenne terreo come quello della donna che aveva amato. All'uomo sembrò che anche il suo sangue uscisse dal corpo, come quello di lei.

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