Firenze, un anno fa, Santa Maria Novella: cammino e guardo in
terra. Ammiro le lastre della pavimentazione e mi fermo a leggere una targa inserita
nel marciapiede con scritti sopra alcuni versi di un poeta. Poi alzo lo sguardo
stringendo gli occhi per riparami dalla luce del sole. E’ una giornata
autunnale splendida, brillante e tersa che sembra voler competere con le più
belle e dolci della precedente primavera. Vedo la facciata della Chiesa che fa
da proscenio ad una piazza dove la vita mette in scena storie di nessuna
importanza a confronto con l’eternità evocata dalle sue pietre e, di quinta, un’antica
loggia risuonante dei passi di turisti inconsapevoli e frastornati. La
magnificenza del cielo, la sontuosità dei monumenti ed un venticello fresco
che, leggero, trascina via le voci ed i rumori sfumando tutto in un’atmosfera
onirica e surreale, mi ammaliano sollevando i miei pensieri verso una
sensazione di pace e di serenità. Provo una piccola ebbrezza, un’ubriacatura
momentanea e illusoria di felicità. Cancello il presente e dimentico il
passato, vivo nel godimento di un flash d’inconsapevolezza. E poi me ne
vergogno. Provo un senso di colpa per questa vacanza rubata, ma io non sono in
vacanza. Ho accompagnato una parte di me, dolente e coraggiosa, ad affrontare
un percorso di lotta. Proprio ora, mentre la natura sembra in festa, è in corso
una battaglia contro un destino che non voglio riconoscere e che contrasteremo
con tutte le nostre forze, ma con sofferenza e timore. Come posso, seppure involontariamente,
estraniarmi anche solo per un minuto? E’ come quando ci si tuffa in acque
gelide e profonde: per un attimo si trattiene il respiro e ci si lascia andare,
storditi in un blu senza punti di riferimento, per poi cominciare a battere
bracciate con tutto il vigore possibile, al fine di sopravvivere. Oppure come
quando arriva un carico troppo forte di elettricità al contatore: provoca un
lampo, un corto circuito che stacca la corrente e salva dal rimanere fulminati.
Così adesso; nella speranza che questi momenti, fugaci e liberatori, siano lo
spiraglio dal quale intravedere la possibilità di una vita diversa, o semplicemente
di tornare alla vita. E, come in una preghiera, così sia.
A Dio piacendo, così è stato.
Emozione pura, Stefano! Non so dirti altro.
RispondiEliminaSe ti riferisci all'incidente son ben felice che si sia risolto bene. Giorno per giorno continuerà a migliorare.
Un abbraccio Patri