giovedì 13 ottobre 2016

Firenze

Firenze, un anno fa, Santa Maria Novella: cammino e guardo in terra. Ammiro le lastre della pavimentazione e mi fermo a leggere una targa inserita nel marciapiede con scritti sopra alcuni versi di un poeta. Poi alzo lo sguardo stringendo gli occhi per riparami dalla luce del sole. E’ una giornata autunnale splendida, brillante e tersa che sembra voler competere con le più belle e dolci della precedente primavera. Vedo la facciata della Chiesa che fa da proscenio ad una piazza dove la vita mette in scena storie di nessuna importanza a confronto con l’eternità evocata dalle sue pietre e, di quinta, un’antica loggia risuonante dei passi di turisti inconsapevoli e frastornati. La magnificenza del cielo, la sontuosità dei monumenti ed un venticello fresco che, leggero, trascina via le voci ed i rumori sfumando tutto in un’atmosfera onirica e surreale, mi ammaliano sollevando i miei pensieri verso una sensazione di pace e di serenità. Provo una piccola ebbrezza, un’ubriacatura momentanea e illusoria di felicità. Cancello il presente e dimentico il passato, vivo nel godimento di un flash d’inconsapevolezza. E poi me ne vergogno. Provo un senso di colpa per questa vacanza rubata, ma io non sono in vacanza. Ho accompagnato una parte di me, dolente e coraggiosa, ad affrontare un percorso di lotta. Proprio ora, mentre la natura sembra in festa, è in corso una battaglia contro un destino che non voglio riconoscere e che contrasteremo con tutte le nostre forze, ma con sofferenza e timore. Come posso, seppure involontariamente, estraniarmi anche solo per un minuto? E’ come quando ci si tuffa in acque gelide e profonde: per un attimo si trattiene il respiro e ci si lascia andare, storditi in un blu senza punti di riferimento, per poi cominciare a battere bracciate con tutto il vigore possibile, al fine di sopravvivere. Oppure come quando arriva un carico troppo forte di elettricità al contatore: provoca un lampo, un corto circuito che stacca la corrente e salva dal rimanere fulminati. Così adesso; nella speranza che questi momenti, fugaci e liberatori, siano lo spiraglio dal quale intravedere la possibilità di una vita diversa, o semplicemente di tornare alla vita. E, come in una preghiera, così sia.
A Dio piacendo, così è stato.


1 commento:

  1. Emozione pura, Stefano! Non so dirti altro.
    Se ti riferisci all'incidente son ben felice che si sia risolto bene. Giorno per giorno continuerà a migliorare.
    Un abbraccio Patri

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