sabato 19 marzo 2016

Djerba la Douce

Faceva caldo a Djerba, e douce era l’aggettivo più blando per descriverla. La notte stellata sembrava fatta apposta per accompagnare gli slanci del cuore e l’entusiasmo della giovinezza. Profumi di fiori sbocciati al chiarore della Luna, richiami di strani ed insonni uccelli ed una quiete che fremeva per essere infranta, riempivano l’aria di vibrazioni languide ed eccitanti. Quando sentì il battito ritmato di un basso, gli sembrò che l’onda del suono lo colpisse direttamente nello stomaco. Si vedeva come un pugile alle corde, indebolito da ogni nota che veniva dalla “cave” e rassegnato a subire il K.O. delle emozioni.  Non era la melodia e neanche le parole che lo portavano, passo dopo passo, sull’orlo di un incognito stordimento, ma il ritmo della musica in sintono con i battiti del suo cuore. Troppo acerbo per l’amore, ed ancora inesperto per riconoscere esperienze che non aveva vissuto, sentiva qualcosa premere da dentro per esplodere fuori di sé, riempiendolo interamente. Ardeva nel desiderio di bruciarsi e tremava impaurito dall’avventura, ammaliato dalla congiura dei sensi e della natura complice di una perdizione anelata e terribile. Come una falena attratta dal fuoco che l’avrebbe bruciata, era pronto a conoscere quello che sapeva l’avrebbe consumato o fatto disperare. Forse l’inferno è lastricato di fine ghiaia lungo sentieri illuminati da basse luci e bordati da cespugli d’oleandro e mirto, ed inevitabile gli sembrava la strada che portava verso la fonte della magia. Troppo lievi ed incontrollabili erano i suoi passi mentre, sospinto dalla curiosità e dall’ardimento, si lasciava alle spalle il giardino oscuro ed in qualche modo rassicurante, per entrare nell’anfiteatro all’aperto. L’emiciclo di bianchi gradoni conteneva un pubblico variopinto e stanco per le fatiche di una vacanza vissuta alla massima intensità. Né sembrava interessare la voce di un cantante, più volenteroso che bravo, che accompagnandosi al piano e sorretto da una base registrata, passava in rassegna le hit del momento. Sul palco, illuminato da un occhio di bue che lo rendeva protagonista, un francese, che probabilmente di giorno era tutt’altro che un musicista, si impegnava appropriandosi di una canzone che neanche la sua improvvisazione riusciva a svilire. Lo chansonnier ripeteva “je pense a toi” ed il giovane sentiva che quell’invocazione per un amore lasciato, ma giammai perso, avrebbe potuto essere la sua. Era tutto fuori dalla sua esperienza, ma coinvolgeva la sensibilità di sentimenti ancora implumi. Nella dolce notte di Djerba visse il suo primo incontro con l’amore, in attesa dell’amore.  






lunedì 7 marzo 2016

Oltre la finestra

Sono fuori, sul balcone, le peonie e le mattonelle,
Mentre la luce rosata di un pallido sole ne fa vivere i colori.
Oltre la finestra brilla la falsa immagine di una primavera
Che non c’è, e non ce n’è neanche la promessa.
Dentro casa, e nell’animo mio, vive ancora l’inverno.
Freddo, morto come le foglie e scuro come i miei tormenti.
Odio quella ingannevole illusione di un tempo più mite,
Di un tramonto privo di nubi, di un’estate calda e consolante,
Quando la brama di udire ancora la risacca ed il tepore della sabbia
Si accompagna allo stordito sentimento dell’oblio.
Odio quell’illusione perché tale si rivela ogni volta,
Vinta dal gelido morso della vita che sbriciola la speranza
In fine, impalpabile, polvere che il vento solleva e disperde.
Troppe stagioni sono passate nell’attesa dell’estate, infiniti mandorli
In fiore hanno annunciato giornate più lunghe e notti brevi.
Tante tiepide serate hanno accompagnato i miei sogni per quante
Gelide albe hanno visto un brusco e spietato risveglio.
Non bisogna fidarsi della primavera, l’estate ingannerà; se anche
Si avesse la ventura di viverla, non sarà altro che lo spettro
Della ragione di vivere che ci illudiamo esista.
Quando il caldo, come sempre, arriverà, ormai sarà in ritardo
Ed io ancora Indosserò i guanti, la sciarpa e mi soffierò sulle mani.
Perché del sole non mi fido più.