Faceva caldo a Djerba, e douce era l’aggettivo più blando per
descriverla. La notte stellata sembrava fatta apposta per accompagnare gli
slanci del cuore e l’entusiasmo della giovinezza. Profumi di fiori sbocciati al
chiarore della Luna, richiami di strani ed insonni uccelli ed una quiete che
fremeva per essere infranta, riempivano l’aria di vibrazioni languide ed
eccitanti. Quando sentì il battito ritmato di un basso, gli sembrò che l’onda
del suono lo colpisse direttamente nello stomaco. Si vedeva come un pugile alle
corde, indebolito da ogni nota che veniva dalla “cave” e rassegnato a subire il
K.O. delle emozioni. Non era la melodia
e neanche le parole che lo portavano, passo dopo passo, sull’orlo di un
incognito stordimento, ma il ritmo della musica in sintono con i battiti del
suo cuore. Troppo acerbo per l’amore, ed ancora inesperto per riconoscere
esperienze che non aveva vissuto, sentiva qualcosa premere da dentro per
esplodere fuori di sé, riempiendolo interamente. Ardeva nel desiderio di bruciarsi
e tremava impaurito dall’avventura, ammaliato dalla congiura dei sensi e della
natura complice di una perdizione anelata e terribile. Come una falena attratta
dal fuoco che l’avrebbe bruciata, era pronto a conoscere quello che sapeva
l’avrebbe consumato o fatto disperare. Forse l’inferno è lastricato di fine
ghiaia lungo sentieri illuminati da basse luci e bordati da cespugli d’oleandro
e mirto, ed inevitabile gli sembrava la strada che portava verso la fonte della
magia. Troppo lievi ed incontrollabili erano i suoi passi mentre, sospinto
dalla curiosità e dall’ardimento, si lasciava alle spalle il giardino oscuro ed
in qualche modo rassicurante, per entrare nell’anfiteatro all’aperto. L’emiciclo
di bianchi gradoni conteneva un pubblico variopinto e stanco per le fatiche di
una vacanza vissuta alla massima intensità. Né sembrava interessare la voce di
un cantante, più volenteroso che bravo, che accompagnandosi al piano e sorretto
da una base registrata, passava in rassegna le hit del momento. Sul palco,
illuminato da un occhio di bue che lo rendeva protagonista, un francese, che
probabilmente di giorno era tutt’altro che un musicista, si impegnava appropriandosi
di una canzone che neanche la sua improvvisazione riusciva a svilire. Lo
chansonnier ripeteva “je pense a toi” ed il giovane sentiva che quell’invocazione
per un amore lasciato, ma giammai perso, avrebbe potuto essere la sua. Era
tutto fuori dalla sua esperienza, ma coinvolgeva la sensibilità di sentimenti
ancora implumi. Nella dolce notte di Djerba visse il suo primo incontro con l’amore,
in attesa dell’amore.
sabato 19 marzo 2016
lunedì 7 marzo 2016
Oltre la finestra
Sono fuori,
sul balcone, le peonie e le mattonelle,
Mentre la luce
rosata di un pallido sole ne fa vivere i colori.
Oltre la
finestra brilla la falsa immagine di una primavera
Che non c’è,
e non ce n’è neanche la promessa.
Dentro casa,
e nell’animo mio, vive ancora l’inverno.
Freddo, morto
come le foglie e scuro come i miei tormenti.
Odio quella
ingannevole illusione di un tempo più mite,
Di un
tramonto privo di nubi, di un’estate calda e consolante,
Quando la
brama di udire ancora la risacca ed il tepore della sabbia
Si accompagna
allo stordito sentimento dell’oblio.
Odio quell’illusione
perché tale si rivela ogni volta,
Vinta dal
gelido morso della vita che sbriciola la speranza
In fine, impalpabile,
polvere che il vento solleva e disperde.
Troppe
stagioni sono passate nell’attesa dell’estate, infiniti mandorli
In fiore
hanno annunciato giornate più lunghe e notti brevi.
Tante
tiepide serate hanno accompagnato i miei sogni per quante
Gelide albe
hanno visto un brusco e spietato risveglio.
Non bisogna
fidarsi della primavera, l’estate ingannerà; se anche
Si avesse la
ventura di viverla, non sarà altro che lo spettro
Della ragione
di vivere che ci illudiamo esista.
Quando il caldo,
come sempre, arriverà, ormai sarà in ritardo
Ed io ancora
Indosserò i guanti, la sciarpa e mi soffierò sulle mani.
Perché del
sole non mi fido più.
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