sabato 26 settembre 2015

L'incoscenza

C’era una volta un filo d’erba, anzi no…una montagna con la cima innevata. Un ragazzotto camminava su quel prato senza pensare a niente, la sua giovinezza non gli permetteva di sentire la brina che gli bagnava le scarpe, ed una canzone in testa lo distraeva dallo spettacolo del massiccio che racchiudeva la valle. Anche il vento gli scompigliava i capelli senza che lui se ne rendesse conto. Il sole gli scaldava la camicia e la fatica della passeggiata lo faceva leggermente ansimare, ma lui non se ne curava. Fischiettava, a volte cantava qualche parola, e quel rumore spaventava i piccoli animali del bosco che si rintanavano aspettando di veder passare l’estraneo. Ma lui non vedeva. Allora la natura decise di sfidarlo ed improvvisamente mise in scena il tramonto più spettacolare che la valle avesse mai rappresentato. Una sfera di fuoco rossa si tuffò dietro un candido ghiacciaio mentre i riflessi dei raggi del sole calante rimbalzavano sulle nevi creando mille piccole scintille. Lame di luce si persero tra gruppi di nuvole bianche erranti nel cielo di un azzurro profondo e sereno. L’aria tersa esaltava i colori ed ogni minimo particolare del paesaggio spiccava distinto e nitido fino in lontananza. La maestosità delle rocce parlava di eternità, di ordine nel creato, di vanità degli umani assilli e nello stesso tempo suggeriva che ci fosse un senso per tante domande che mai hanno avuto risposta. Anche il ruscello che, al lato del sentiero, scorreva fra rocce e felci, sembrava avesse preso vigore formando mulinelli e piccole cascate e facendo sentire forte lo scroscio dei flutti spinti dalla corrente. Ma il ragazzotto continuava la sua passeggiata, non vedeva, non sapeva guardare, non capiva, non si rendeva conto di essere anche lui parte di un creato perfetto e terribile. Finché, distrattamente, dette un calcio ad un sasso. Sembrava piccolo e lui pensava di gettarlo lontano, ma era ben interrato e fece ostacolo al colpo. Il ragazzotto si fece male; provò un acuto dolore al piede e si fermò per controllare se fosse ferito o contuso. Improvvisamente, a fronte del dolore, quella sorta di felicità di qualche attimo prima svanì. Il ragazzotto pensò a quanto fosse stato sfortunato e, nel massaggiarsi la caviglia, finalmente alzò lo sguardo. Era giovane, la pena passò presto. Riprese la sua strada ed a fischiettare la canzonetta. Dietro di lui tutto rimase com’era, continuando nell’eterno suo ciclo. La valle presto ne dimenticò il passaggio.

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