martedì 19 maggio 2015

La Bella Signora

Era una bella signora. Forse un po’ demodé, con il lungo cappotto nero bordato in lapin e la grande borsa tenuta in grembo. Si vedeva dai lineamenti regolari del volto, e dalla ciocca di biondi capelli che sfuggiva alle forcine, che ai suoi tempi doveva essere stata una ragazza di rara bellezza. Di quella avvenenza semplice e vera che sa di natura e di campi di grano. Seduta sulla sedia della sala d’aspetto, manteneva una altera dignità che il laido luogo, scenario di tanti dolori e solitudini, non riusciva a toccare. La traslucida fotografia che, indiscreta, aveva scrutato dentro di lei, rimaneva nascosta nella grande busta paglierina ben stesa sulle sue ginocchia. E’ chiaro che la signora, se non altro che per educazione, aveva accettato il responso che il Professore le aveva sentenziato con poche, pesantissime parole. Adesso, scomoda, sulla seggiola di formica e acciaio, aspettava il suo turno per sottoporsi al rituale di oscure manipolazioni che sciamani con il bianco camice le somministravano in nome della speranza. Era venuta per conto suo, non voleva che la nuora si distraesse dalla cura del bambino. Sua figlia, povera brava ragazza, doveva anche aprire il negozio: non aveva tempo d’accompagnarla. Il marito l’aveva preceduta, ma non l’aveva abbandonata, se è vero che niente si cancella dall’anima ed ogni momento vissuto arricchisce la memoria di chi rimane. Si potrebbe dire che era sola, in quella triste sala d’aspetto. Un uomo anziano, pallido pallido, magrolino, che indossava uno sgualcito Borsalino ricordo di antiche velleità mondane, si avvicinò alla signora con un timido sorriso toccandosi il capello. Quante volte il vecchio, nei suoi bei tempi, aveva abbordato graziose fanciulle con l’aria spavalda e marpiona di un tomber de famme d’antan. Forse non si illudeva più che un sorriso ed una parola gentile gli avrebbero concesso lo sguardo di una donna, ma in quel luogo dove rassegnazione e speranza erano protagoniste di una eterna battaglia, piccole vanità rimanevano come riflessi di una vita ormai lontana. Con l’unico argomento che avrebbe potuto accomunarlo alla sconosciuta, si avvicinò dicendo: “Posso sedermi accanto a lei? Il Professore è molto bravo, ma sempre in ritardo.” Un cenno del capo acconsentì alla richiesta e nella grande e fredda struttura ospedaliera si avvicinarono due solitudini. E parlarono del domani.

Nessun commento:

Posta un commento