Lo zaino in
spalla, percorreva una strada secondaria che partiva dal nulla ed arrivava nel
sogno. Passo dopo l’altro, in attesa che da dietro arrivasse il rombo di un’auto
o di un camion, che benevolmente avrebbero potuto raccattarlo. E pensare,
ritmando la cadenza dei passi. Non era vita, quella là. Nel paese con la
giostra e la balera, se di notte fai un passo, con la lingua che è un coltello,
ti tagliano gli abiti addosso. C’era un dancing per ballare e un biliardo per
giocare. Ma non è possibile vivere tra sorrisi, compromessi e fognature dentro
i fossi. Non poteva sopportare ancora di parlare solo di calcio, di donne e di
membri lunghi tre spanne. Il mondo è fuori, in un oltre che si definisce solo nei
pensieri che vivono nell’ora prima dell’alba. E quindi, via. Ma su questa
carrettera non passa nessuno. Chissà, se in paese si fosse comprato il vestito
della festa, avrebbe potuto anche far girare la testa. La tentazione era forte.
Tornare e ritrovare la sicurezza delle abitudini e, magari, un giorno avere
anche dei figli. “No, no- pensava- meglio allevare vitelli e conigli che
mettere al mondo un altro che si sarebbe seduto al tavolino del bar di Mario
con le carte in mano ed il toscanello in bocca.” E quindi, via. Un passo dietro
l’altro, con il sole alle spalle e una curva in lontananza. Un calcio ad un
sasso, una goccia di sudore sulla fronte, la sensazione di essere solo al mondo
ed ancora un altro passo. Il giorno declinava il suo compito e timida Venere si
levava sopra un orizzonte di cipressi. E lui pensava.
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