La Kathia (si pronuncia come gli inglesi dicono il “the”
ovvero facendo passare aria tra la lingua e gli incisivi in corrispondenza
dell’acca) era la parrucchiera per donna e uomo del piccolo borgo alle pendici
della collina dalla quale il castello di Capalbio domina il paesaggio tra la
campagna maremmana ed il mare.
Era una giovane signora dall’aspetto gradevole, nata in quel
posto dove aveva sempre vissuto mettendo su famiglia ed un’attività che le
consentiva di integrare il reddito del marito per condurre una vita
discretamente agiata. Aveva una figlia di circa dieci anni che curava con amore
e cercava di far crescere con i valori e le tradizioni campagnole ereditate dai
suoi genitori. Non voleva farla sfigurare di fronte alle amichette e rispetto
ai modelli di ragazzina emancipata che si vedevano in televisione. Non le
risparmiava gli abitini alla moda con i rispettivi leggings, ma sempre,
comunque, accompagnati dagli orecchini d’oro a forma di stellina che, facendole
in casa il buco con l’ago ed il sughero, le aveva messo all’età di sei mesi e
poi più tolto.
Il suo lavoro le aveva dato modo di conoscere ognuno dei
suoi compaesani, visto che, prima o poi, tutti avevano bisogno di dare una
scorciatina ai capelli o farsi una permanente in occasione di qualche festa.
Era naturalmente estroversa e la sua istintiva simpatia
l’aveva resa confidente ed, a volte complice, di tante piccole o grandi tresche
che gli abitanti della comunità tramavano uno alle spalle dell’altro.
Pettegolezzi, dicerie, notizie di prima mano venivano confidate tra un colpo di
spazzola e l’altro con più naturalezza e libertà di quanta qualsiasi confessore
si sarebbe mai potuto augurare.
Le cose più “gravi” che aveva sentito erano state storie di
corna o tradimenti, specialmente da parte delle donne, visto che di queste cose
gli uomini preferiscono parlare tra loro liberi di fare commenti e raccontare particolari
non adatti alle orecchie di una signora.
Per il resto era lo scambiarsi ricette o consigli dove
acquistare con maggiore convenienza un determinato articolo oppure, con i
maschi, quanto grande era stato il cinghiale che era stato ammazzato
nell’ultima caccia o a quale cifra avevano intenzione di vendere il vecchio
fondo abbandonato alla fine del paese ad una sprovveduta coppia di turisti
romani in cerca di una angolo rustico per evadere dalla città.
Un giorno la Kathia (mi raccomando la lingua!) era alle
prese con una tintura particolarmente difficile che la signora Adele aveva
voluto per fare bella figura al matrimonio del compare di suo marito e, con un
po’ di nervosismo, non sicurissima del dosaggio del prodotto che aveva sparso,
forse in maniera troppo abbondante, sui capelli della cliente, per non avere
distrazioni aveva allontanato anche la sua saltuaria aiutante/apprendista. Costei,
ragazzetta sedicenne di buona volontà ma di non elevatissimo quoziente intellettuale,
cercava, con impegno di appropriarsi dei segreti del mestiere. Spesso, però,
per la titolare, era un doppio lavoro fare quello che doveva sulla testa sotto
le sue mani e, contemporaneamente, sorvegliare che la ragazza non facesse
troppi danni sull’ignara cavia alla portata delle sue forbici.
La signora che in quel momento stava con un asciugamano in
testa in attesa che gli agenti chimici facessero il miracolo di darle, almeno
un’illusione di avvenenza, avendo sfogliato l’ultima pagina di un “Chi” datato
almeno tre mesi prima, non sapendo come passare il tempo, attaccò bottone con
la parrucchiera.
“Oh Kathia” (credo non ci sia più bisogno di raccomandare al
lettore la fonetica) disse l’Adele. “che tu lo sai quello che è successo a’
casale ne’ pressi?” – Nota dell’autore: volevo fare, come Camilleri, e
riportare i dialoghi in toscano per rendere più veritiero il racconto. Non
essendo di quelle parti, ma romano, ed avendo spesso notato come sia fastidioso
sentire un non-romano cercare di parlare il romanesco con accenti, termini ed
inflessioni sbagliate, mi asterrò, da qui innanzi, di cercare di appropriarmi
di un idioma che non è il mio e tradurrò quello che i personaggi si diranno
nell’italiano che so parlare. Sta alla fantasia del lettore fare l’operazione
inversa. Ovvero, se vuole, immaginare i dialoghi, scritti nella lingua
nazionale, tradotti nel dialetto locale per avere un quadro più saporito della
vicenda. – “dal Bugnone” proseguì la signora “hanno trovato, ieri sera, la
moglie stesa a terra in cucina. Morta stecchita. Lui non c’era, stava a Fiesole
per una Fiera e la poveretta, evidentemente, non aveva potuto chiedere aiuto a
nessuno. Ma tu guarda se una donna di appena quarant’anni può finire così. Sarà
stato sicuramente un infarto visto che non sembra abbia battuto la testa o
subito altro incidente.” “Poverina” commentò la Kathia con comprensione
ma senza un gran coinvolgimento emotivo. Aveva conosciuto la vittima. Veniva
qualche volta da lei, ma a volte andava a Orbetello forse sperando di trovare
qualcuno di più bravo. Non gliene voleva per questo, o, forse, solo un po’,
piccata nell’orgoglio della sua professionalità. Era una bella donna con un
seno che, sembrava, suggerire una quarta abbondate, salvo push up nascosti.
Vita sottile e fianchi generosi. Un occhio maschile si sarebbe soffermato sul
“derrier” modello brasiliano e sulle gambe spesso generosamente esibite. La sua
avvenenza aveva dato adito a supposizioni di una qualche leggerezza di
comportamento che, la Kathia riteneva, fossero solo una cattiveria paesana ma
che, si pensava, giunsero all’orecchio del Buglione visto che i rapporti tra i
due, negli ultimi tempi, non erano più idilliaci come all’inizio del loro matrimonio.
“Almeno non avrà sofferto” commentò banalmente la Kathia
giusto per dire qual cosa in merito ad un avvenimento che la toccava
pochissimo. “Eh non so’” disse la cliente “Il viso, dicono, era contratto come
avesse sentito un gran dolore del quale non avesse saputo liberarsi.
“L’interesse di Kathia, a quella stranezza, si risvegliò. Una parrucchiera
acquisisce, nell’arco della sua carriera, attraverso i colloqui con i suoi clienti,
una vasta esperienza in tutti i settori dello scibile. Sapeva un po’ anche di
medicina e, tutti quelli che le avevano parlato degli infarti subiti da parenti
o amici, avevano descritto una morte veloce che lasciava il viso del cadavere con
un’espressione rilassata e non contratta.
“Mi dispiace anche per il Buglione” continuò l’Adele “è un
brav’uomo e questa cosa l’avrà lasciato, senz’altro disperato” Ummmhhh….il
Buglione la Kathia lo conosceva bene. Era stato compagno di scuola e di giochi
di suo marito. Da piccoli facevano le marachelle insieme, ma mentre il suo
compagno agiva per gioco, nel comportamento dell’altro c’era sempre una vena di
cattiveria più o meno celata. Quando poi erano cresciuti avevano continuato a
frequentarsi fino a quando la Kathia aveva detto al suo, all’epoca, fidanzato,
di non volere che lui uscisse con un personaggio che lei sentiva avrebbe potuto
avere influssi negativi.
Il marito la voleva sposare e voleva, soprattutto, acconsentendo
ad ogni sua richiesta, aprirsi la strada verso la prosaica meta che da tanto
tempo anelava e che la testardaggine della fidanzata ancora non gli aveva
concesso. Quindi non frequentò più il Buglione anche se, in un piccolo centro,
ci si incontra tutti, e si continuano avere rapporti di conoscenza più o meno
amichevole.
La Kathia, essendo l’unica parrucchiera donna/uomo della
zona, ogni tanto tagliava i capelli anche all’attuale vedovo. Ora che ci
pensava, negli ultimi mesi, l’aveva visto con una frequenza maggiore del
solito. Si era fatto aggiustare i riccioli ma, soprattutto, si lamentava ogni
volta che, a suo dire, si stava incanutendo precocemente.
La parrucchiera non notava questo fenomeno così evidente, ma
dietro le pressanti richieste del cliente, gli vendeva un prodotto molto efficace
per nascondere il suo problema. L’aveva, più volte, messo sull’avviso che
avrebbe dovuto usare il colorante nelle dosi ed agli intervalli indicati sulla
confezione. Le istruzioni dicevano che, siccome tra i componenti della
preparazione era presente della stricnina, bisognava tenerlo lontano dai
bambini, non somministrare alle donne incinta e farne uso con periodicità non
inferiore ai trenta giorni.
Siccome lei gli dava, più o meno, un flacone al mese, non
aveva mai pensato a nessun tipo di conseguenza.
In quel momento ricordò anche che, qualche tempo prima,
durante una passeggiata per il Corso di Orbetello con la famiglia, aveva
incontrato la sua concorrente che gestiva il salone in quella località e,
parlando del più e del meno, scherzandoci su, avevano bonariamente preso in
giro il Buglione che comprava il prodotto colorante da entrambi gli esercizi
forse, dicevano, per un eccesso di vanità strano ad immaginare in un uomo di
quel carattere.
Kathia sbrigò il suo lavoro con l’Adele, chiuse bottega e,
con la sua Panda 4X4 corse alla stazione dei Carabinieri di Capalbio.
“Maresciallo, non è stato infarto.” “Si spieghi meglio, signora”” La moglie del
Bugnone. Il marito non poteva più sopportare che la donna fosse al centro degli
sguardi e dei commenti di tutto il paese e, non potendo averla solo per lui,
l’ha ammazzata!” “Non ci sono segni di violenza sul cadavere” le rispose il
sottufficiale con scetticismo. “Fate fare l’autopsia” disse sicura la Kathia, che
era un’avida ed appassionata lettrice di gialli, “e troverete le tracce di un
avvelenamento da stricnina” “E come, se posso permettermi di chiedere, è giunta
a questa conclusione?” obiettò il carabiniere ancora scettico e, forse, restio
ad avviare un’indagine per una caso che ritenevano già chiuso. “Il Buglione si
procurava da me e dal parrucchiere di Orbetello il prodotto colorante
contenente stricnina e siccome è abbastanza noto che questa sostanza si può
isolare con un procedimento di idrolittisi che richiede cognizioni ed un’attrezzatura
che potrebbe procurarsi qualsiasi studente delle medie, nel tempo, si è fatto
una scorta del veleno estratto dalla tintura. Poi, a piccole dosi, forse mescolata
e nascosta nelle pietanze, ha somministrato la stricnina alla moglie
provocandone, alla lunga, la morte”
Il maresciallo non poté ignorare il suggerimento della
parrucchiera. Fatte le dovute verifiche e riscontri, appurata la corrispondenza
dell’accusa, dopo pochi giorni, arrestò il Buglione con l’accusa di omicidio premeditato
con l’aggravante della crudeltà e del futile motivo.
Kathia litigò con il marito. “Perché non ti sei fatta i
fatti tuoi?” le disse “Ma come, ho fatto scoprire un assassino e tu così mi
dici?” “Ma va là…era un poveraccio in balia di quella donnaccia. Non dico che
ha fatto bene, ma…” La parrucchiera uscì dalla stanza senza replicare e
sbattendo la porta. Gli uomini: tutti uguali. Quando quella poveretta passava
per strada la guardavano bramosi, poi al momento di giudicarla la condanna era
senza appello.
La Kathia fu tentata, fortemente, di modificare l’insegna
del suo negozio e di scrivere “Parrucchiere per sole donne”.
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