venerdì 4 ottobre 2013

La Kathia

La Kathia (si pronuncia come gli inglesi dicono il “the” ovvero facendo passare aria tra la lingua e gli incisivi in corrispondenza dell’acca) era la parrucchiera per donna e uomo del piccolo borgo alle pendici della collina dalla quale il castello di Capalbio domina il paesaggio tra la campagna maremmana ed il mare.
Era una giovane signora dall’aspetto gradevole, nata in quel posto dove aveva sempre vissuto mettendo su famiglia ed un’attività che le consentiva di integrare il reddito del marito per condurre una vita discretamente agiata. Aveva una figlia di circa dieci anni che curava con amore e cercava di far crescere con i valori e le tradizioni campagnole ereditate dai suoi genitori. Non voleva farla sfigurare di fronte alle amichette e rispetto ai modelli di ragazzina emancipata che si vedevano in televisione. Non le risparmiava gli abitini alla moda con i rispettivi leggings, ma sempre, comunque, accompagnati dagli orecchini d’oro a forma di stellina che, facendole in casa il buco con l’ago ed il sughero, le aveva messo all’età di sei mesi e poi più tolto.
Il suo lavoro le aveva dato modo di conoscere ognuno dei suoi compaesani, visto che, prima o poi, tutti avevano bisogno di dare una scorciatina ai capelli o farsi una permanente in occasione di qualche festa.
Era naturalmente estroversa e la sua istintiva simpatia l’aveva resa confidente ed, a volte complice, di tante piccole o grandi tresche che gli abitanti della comunità tramavano uno alle spalle dell’altro. Pettegolezzi, dicerie, notizie di prima mano venivano confidate tra un colpo di spazzola e l’altro con più naturalezza e libertà di quanta qualsiasi confessore si sarebbe mai potuto augurare.
Le cose più “gravi” che aveva sentito erano state storie di corna o tradimenti, specialmente da parte delle donne, visto che di queste cose gli uomini preferiscono parlare tra loro liberi di fare commenti e raccontare particolari non adatti alle orecchie di una signora.
Per il resto era lo scambiarsi ricette o consigli dove acquistare con maggiore convenienza un determinato articolo oppure, con i maschi, quanto grande era stato il cinghiale che era stato ammazzato nell’ultima caccia o a quale cifra avevano intenzione di vendere il vecchio fondo abbandonato alla fine del paese ad una sprovveduta coppia di turisti romani in cerca di una angolo rustico per evadere dalla città.
Un giorno la Kathia (mi raccomando la lingua!) era alle prese con una tintura particolarmente difficile che la signora Adele aveva voluto per fare bella figura al matrimonio del compare di suo marito e, con un po’ di nervosismo, non sicurissima del dosaggio del prodotto che aveva sparso, forse in maniera troppo abbondante, sui capelli della cliente, per non avere distrazioni aveva allontanato anche la sua saltuaria aiutante/apprendista. Costei, ragazzetta sedicenne di buona volontà ma di non elevatissimo quoziente intellettuale, cercava, con impegno di appropriarsi dei segreti del mestiere. Spesso, però, per la titolare, era un doppio lavoro fare quello che doveva sulla testa sotto le sue mani e, contemporaneamente, sorvegliare che la ragazza non facesse troppi danni sull’ignara cavia alla portata delle sue forbici.
La signora che in quel momento stava con un asciugamano in testa in attesa che gli agenti chimici facessero il miracolo di darle, almeno un’illusione di avvenenza, avendo sfogliato l’ultima pagina di un “Chi” datato almeno tre mesi prima, non sapendo come passare il tempo, attaccò bottone con la parrucchiera.
“Oh Kathia” (credo non ci sia più bisogno di raccomandare al lettore la fonetica) disse l’Adele. “che tu lo sai quello che è successo a’ casale ne’ pressi?” – Nota dell’autore: volevo fare, come Camilleri, e riportare i dialoghi in toscano per rendere più veritiero il racconto. Non essendo di quelle parti, ma romano, ed avendo spesso notato come sia fastidioso sentire un non-romano cercare di parlare il romanesco con accenti, termini ed inflessioni sbagliate, mi asterrò, da qui innanzi, di cercare di appropriarmi di un idioma che non è il mio e tradurrò quello che i personaggi si diranno nell’italiano che so parlare. Sta alla fantasia del lettore fare l’operazione inversa. Ovvero, se vuole, immaginare i dialoghi, scritti nella lingua nazionale, tradotti nel dialetto locale per avere un quadro più saporito della vicenda. – “dal Bugnone” proseguì la signora “hanno trovato, ieri sera, la moglie stesa a terra in cucina. Morta stecchita. Lui non c’era, stava a Fiesole per una Fiera e la poveretta, evidentemente, non aveva potuto chiedere aiuto a nessuno. Ma tu guarda se una donna di appena quarant’anni può finire così. Sarà stato sicuramente un infarto visto che non sembra abbia battuto la testa o subito altro incidente.” “Poverina” commentò la Kathia con comprensione ma senza un gran coinvolgimento emotivo. Aveva conosciuto la vittima. Veniva qualche volta da lei, ma a volte andava a Orbetello forse sperando di trovare qualcuno di più bravo. Non gliene voleva per questo, o, forse, solo un po’, piccata nell’orgoglio della sua professionalità. Era una bella donna con un seno che, sembrava, suggerire una quarta abbondate, salvo push up nascosti. Vita sottile e fianchi generosi. Un occhio maschile si sarebbe soffermato sul “derrier” modello brasiliano e sulle gambe spesso generosamente esibite. La sua avvenenza aveva dato adito a supposizioni di una qualche leggerezza di comportamento che, la Kathia riteneva, fossero solo una cattiveria paesana ma che, si pensava, giunsero all’orecchio del Buglione visto che i rapporti tra i due, negli ultimi tempi, non erano più idilliaci come all’inizio del loro matrimonio.
“Almeno non avrà sofferto” commentò banalmente la Kathia giusto per dire qual cosa in merito ad un avvenimento che la toccava pochissimo. “Eh non so’” disse la cliente “Il viso, dicono, era contratto come avesse sentito un gran dolore del quale non avesse saputo liberarsi. “L’interesse di Kathia, a quella stranezza, si risvegliò. Una parrucchiera acquisisce, nell’arco della sua carriera, attraverso i colloqui con i suoi clienti, una vasta esperienza in tutti i settori dello scibile. Sapeva un po’ anche di medicina e, tutti quelli che le avevano parlato degli infarti subiti da parenti o amici, avevano descritto una morte veloce che lasciava il viso del cadavere con un’espressione rilassata e non contratta.
“Mi dispiace anche per il Buglione” continuò l’Adele “è un brav’uomo e questa cosa l’avrà lasciato, senz’altro disperato” Ummmhhh….il Buglione la Kathia lo conosceva bene. Era stato compagno di scuola e di giochi di suo marito. Da piccoli facevano le marachelle insieme, ma mentre il suo compagno agiva per gioco, nel comportamento dell’altro c’era sempre una vena di cattiveria più o meno celata. Quando poi erano cresciuti avevano continuato a frequentarsi fino a quando la Kathia aveva detto al suo, all’epoca, fidanzato, di non volere che lui uscisse con un personaggio che lei sentiva avrebbe potuto avere influssi negativi.
Il marito la voleva sposare e voleva, soprattutto, acconsentendo ad ogni sua richiesta, aprirsi la strada verso la prosaica meta che da tanto tempo anelava e che la testardaggine della fidanzata ancora non gli aveva concesso. Quindi non frequentò più il Buglione anche se, in un piccolo centro, ci si incontra tutti, e si continuano avere rapporti di conoscenza più o meno amichevole.
La Kathia, essendo l’unica parrucchiera donna/uomo della zona, ogni tanto tagliava i capelli anche all’attuale vedovo. Ora che ci pensava, negli ultimi mesi, l’aveva visto con una frequenza maggiore del solito. Si era fatto aggiustare i riccioli ma, soprattutto, si lamentava ogni volta che, a suo dire, si stava incanutendo precocemente.
La parrucchiera non notava questo fenomeno così evidente, ma dietro le pressanti richieste del cliente, gli vendeva un prodotto molto efficace per nascondere il suo problema. L’aveva, più volte, messo sull’avviso che avrebbe dovuto usare il colorante nelle dosi ed agli intervalli indicati sulla confezione. Le istruzioni dicevano che, siccome tra i componenti della preparazione era presente della stricnina, bisognava tenerlo lontano dai bambini, non somministrare alle donne incinta e farne uso con periodicità non inferiore ai trenta giorni.
Siccome lei gli dava, più o meno, un flacone al mese, non aveva mai pensato a nessun tipo di conseguenza.
In quel momento ricordò anche che, qualche tempo prima, durante una passeggiata per il Corso di Orbetello con la famiglia, aveva incontrato la sua concorrente che gestiva il salone in quella località e, parlando del più e del meno, scherzandoci su, avevano bonariamente preso in giro il Buglione che comprava il prodotto colorante da entrambi gli esercizi forse, dicevano, per un eccesso di vanità strano ad immaginare in un uomo di quel carattere.
Kathia sbrigò il suo lavoro con l’Adele, chiuse bottega e, con la sua Panda 4X4 corse alla stazione dei Carabinieri di Capalbio. “Maresciallo, non è stato infarto.” “Si spieghi meglio, signora”” La moglie del Bugnone. Il marito non poteva più sopportare che la donna fosse al centro degli sguardi e dei commenti di tutto il paese e, non potendo averla solo per lui, l’ha ammazzata!” “Non ci sono segni di violenza sul cadavere” le rispose il sottufficiale con scetticismo. “Fate fare l’autopsia” disse sicura la Kathia, che era un’avida ed appassionata lettrice di gialli, “e troverete le tracce di un avvelenamento da stricnina” “E come, se posso permettermi di chiedere, è giunta a questa conclusione?” obiettò il carabiniere ancora scettico e, forse, restio ad avviare un’indagine per una caso che ritenevano già chiuso. “Il Buglione si procurava da me e dal parrucchiere di Orbetello il prodotto colorante contenente stricnina e siccome è abbastanza noto che questa sostanza si può isolare con un procedimento di idrolittisi che richiede cognizioni ed un’attrezzatura che potrebbe procurarsi qualsiasi studente delle medie, nel tempo, si è fatto una scorta del veleno estratto dalla tintura. Poi, a piccole dosi, forse mescolata e nascosta nelle pietanze, ha somministrato la stricnina alla moglie provocandone, alla lunga, la morte”
Il maresciallo non poté ignorare il suggerimento della parrucchiera. Fatte le dovute verifiche e riscontri, appurata la corrispondenza dell’accusa, dopo pochi giorni, arrestò il Buglione con l’accusa di omicidio premeditato con l’aggravante della crudeltà e del futile motivo.
Kathia litigò con il marito. “Perché non ti sei fatta i fatti tuoi?” le disse “Ma come, ho fatto scoprire un assassino e tu così mi dici?” “Ma va là…era un poveraccio in balia di quella donnaccia. Non dico che ha fatto bene, ma…” La parrucchiera uscì dalla stanza senza replicare e sbattendo la porta. Gli uomini: tutti uguali. Quando quella poveretta passava per strada la guardavano bramosi, poi al momento di giudicarla la condanna era senza appello.
La Kathia fu tentata, fortemente, di modificare l’insegna del suo negozio e di scrivere “Parrucchiere per sole donne”.



 


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